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/2001
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Il rovescio della medaglia, una visione in bilico fra poli opposti, indicazioni fuorvianti per una corretta percezione della realtà, aspettative disattese costantemente, la lusinga dell'illusione. Sono questi i nodi su cui si intesse la trama costruttiva di "De iniquitate visionis". La sua struttura spaziale e percettiva si basa, letteralmente e metaforicamente, su un doppio livello di lettura. Due finestre sovrapposte sulla vita e sulla morte, due baratri sul vuoto della visione che mettono lo spettatore di fronte al dubbio e alla meraviglia. Ci si trova ad essere voyeur di mondi fantastici e densi, dove la struttura del corpo, da un lato, si smaterializza nei processi della decomposizione e della trasformazione della materia, dall'altro lato, si perde nella moltiplicazione dello specchio e nell'illusione della felicità. Non è una parabola sull'esistenza, né una riflessione nichilista sulla finitezza dell'uomo; si tratta, piuttosto, di uno scavo archeologico dell'essere, di una "visione panoramica" sullo stato delle cose, sull'essenza dell'essere nel mondo e sul mondo stesso, che si offre ai nostri occhi nella sua nudità e nella naturale ambiguità...
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