Realizzato negli spazi della Piramide Cestia di Roma, Opera d’aria è un’intervento che gioca con un luogo di finzione e spostamento di senso. La Piramide di Roma, falso storico fuori contesto, un sosia delle vere piramidi, è stata trasformata in una sorta di paradigma dello slittamento del reale, in cui l’Egitto evocato è quello favoloso del cinema o quello artificiale del turismo moderno.
Un villaggio vacanze, antistante al monumento, accoglie i visitatori, che possono sedere ai tavolini, ascoltando, sulle note di una musica hawaiana, la storia della Piramide e della sua costruzione, mentre camerieri in livrea servono dei cocktail. Fra le attrattive, una tenda regale, dove i visitatori incontrano la regina d’Egitto, Cleopatra, interpretata dalla sosia di Elizabeth Taylor, che guarda se stessa, nel film omonimo di Mankiewicz. A piccoli gruppi i visitatori, nella cella interna del monumento, trovano un mondo museale, dove fra teche di vetro, con coccodrilli imbalsamati e mummie, compare l’Egitto mitico dell’Aida. L’eroina e il suo compagno Radames, intonano una delle arie d’opera mentre, chiuso nella sua teca, un Giuseppe Verdi incartapecorito dirige i cantanti.
Niente riti iniziatici, niente filologie da archeologi, ma un gioco di stereotipi e falsificazione del reale che ricorda i “fattoidi” di cui parla Gillo Dorfless. Si è scelto di seguire gli egizi e di creare un tableau vivant di evocazioni nel quale ogni cosa sta al posto di un’altra. Come la Piramide a Roma, come Cleopatra negli anni ’60, come la sosia Mirando Silva nelle vesti di Elizabeth Taylor.

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