Una memoria di Pietra
Video-mapping per la Fondazione Rocca di Vignola
di Elio Castellana con la collaborazione di Maurizio Bartolini
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Il progetto site-specific, commissionato all’artista per l’inaugurazione della fine dei lavori di recupero e restauro della Rocca di Vignola (MO), nasce dalla stessa idea che è sottesa al progetto di restauro, vale a dire la conservazione e la valorizzazione di un bene storico comune.
Siamo abituati a concepire i beni artistici e storici soltanto come monumenti o artefatti dell’uomo. Nel progetto “Una Memoria di pietra” ad essere presa in considerazione come un bene storico comune è idealmente la vita stessa, incarnata da tutti gli abitanti dell’area geografica di Vignola nel corso del tempo. Creando un parallelo con le mura della Rocca che, nel loro esserci, restituiscono a chi le guarda un senso della storia, l’artista sovrappone e ingloba in esse le memorie visive delle generazioni che hanno visto quelle mura fin dalla nascita, proprio in quanto abitanti di quella cittadina. In “una memoria di pietra” quegli sguardi vengono restituiti fisicamente alle mura attraverso un lavoro di montaggio di immagini e fotografie, video-mapping e video-proiezione.
Il nucleo fondante del lavoro è quello proiettare sulle pareti stesse della Rocca le immagini degli abitanti della cittadina, selezionando, attraverso un attento e mirato lavoro di ricerca sul territorio, le immagini e i volti del maggior numero possibile di abitanti, partendo dalle prime immagini fotografiche della fine dell’800 fino ad arrivare ai nostri giorni, in un mosaico di ampio respiro che abbracci idealmente le generazioni degli antichi con quelle moderne: bisnonni, nonni, genitori, figli e nipoti di Vignola riuniti in un coro visivo che intreccia in modo letterale le storie e le vite di quelli che hanno avuto in quella Rocca una vera e propria scenografia simbolica.
La natura del mezzo fotografico, unitamente al suo utilizzo in videoproiezione su larga scala, fa emergere un aspetto interessante legato alla visione e alla memoria. Le immagini raccolte, scansionate e inserite nel video sono andate incontro a una sorta di “deterioramento” digitale che ha fatto emergere la tessitura a pixel, tipica della tecnologia contemporanea. Questa perdita di “definizione” si fa elemento portante di un più ampio discorso sulla memoria e sull’identità. Che cosa succede ai ricordi col passare del tempo? Quanto può “reggere” l’immagine di una persona, ingrandita e proiettata, quando non è semplicemente pubblicata sulla pagina dii un social network, ma su scala incomparabilmente più grande? Che cosa racconta tutto questo del rapporto fra la dimensione monumentale di una struttura architettonica, come la Rocca di Vignola, e la dimensione emozionale e fragile di una soggettività comune che si confronta con la sua rappresentazione magnificata? Sono questioni aperte, sulle quali “Una memoria di pietra” si interroga, riservando al pubblico un tentativo di risposta, perché è bello, alle volte, rinunciare alla chiarezza della tecnologia in nome della poesia di un ricordo, pur deteriorato.
Infine, mantenendo il parallelo fra il restauro di un monumento come testimonianza della volontà di preservare un bene culturale e l’ipotesi concettuale sottesa a “Una memoria di pietra, ossia che la vita stessa di una comunità sia un bene culturale da conservare e tramandare, ci si può interrogare sui diversi metodi e sui differenti limiti che entrambe queste operazioni (quella del restauro e quella dell’artista) hanno rispetto al loro oggetto di interesse. Forse il restauro è un’operazione di battaglia contro il passare del tempo che va rinnovata ciclicamente per non perdere la guerra, a patto che la memoria di ognuno di noi sia disposta a lottare, attraverso le generazioni, per far sì che la nostra identità, individuale e sociale, mantenga tutta la ricchezza che la storia le ha regalato.
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